La piccola Dorrit:

chi sei tu, e cosa ne hai fatto del vero Dickens?

Recensioni

“E' altrettanto difficile fermare un'infezione morale quanto una fisica... un tale morbo si diffonderà con la stessa malignità e rapidità della peste”

Quando rimango orfana di libri e non so bene cosa mi va di leggere, mi rifugio nei classici. Dickens, di solito, è una scelta rassicurante, una garanzia di qualità. L'Inghilterra oscura e fumosa, il paesaggio attraversato da un Tamigi dalle acque scure, minaccioso, piedi scalzi che scalpicciano tra le pozzanghere...ma soprattutto, l'incredibile tridimensionalità dei personaggi. E' impossibile non sentirsi attratti da tutto ciò. Specie dopo aver letto Storie di due Città: è impossibile non piangere per il destino di Carton e non rabbrividire allo sferruzzare dei ferri di Madama Defarge.

Quindi, trovarsi un bel tomo intonso intitolato la Piccola Dorrit sul comodino rende il cuore gonfio di emozione, specie dopo aver letto che l'ispirazione Dickens l'ha presa dalla sua stessa esperienza di vita: il Marchalsea, un carcere per debitori dove la stessa famiglia dell'autore ha soggiornato, a causa dei debiti del padre. E proprio come Charles, anche la piccola Dorrit è vissuta alla Marchalsea...

Ma. C'è qualcosa di strano ne La Piccola Dorrit.

Prima di tutto, un minimo di contesto: l'anno è il 1820, e il signor Dorrit è il detenuto più longevo in un carcere per debitori. Dopo 30 anni di reclusione e nessuna speranza di libertà, conquista il titolo di "padre della Marchalsea" e una sorta di posizione venerabile, tant'è che anche le guardie gli portano rispetto, e tutti cercano di accaparrarsene i favori. Amy, il cui soprannome dà titolo al romanzo, è l'ultima dei tre figli di Dorrit, ed ha avuto la sfortuna di nascere nel carcere. Non essendo prigioniera ha la possibilità di uscire e di andare a lavorare come sarta (di nascosto, per non demascolinizzare il padre), e in una di queste occasioni incontra Arthur Clennam.

Clennam, ex ricco, è convinto che la sua famiglia abba agito in modo da danneggiare i Dorrit (solo alla fine si capirà come) e decide di aiutare Amy e la sua famiglia. Alla fine, Clennam scopre che i Dorrit sono ereditari di un'enorme fortuna e li aiuta a riscattarla. Dorrit padre quindi viene liberato,e in poco tempo scialacqua tutti i suoi beni ritrovati. Mezza Londra (Clennam compreso) cade in rovina, dopo aver affidato i soldi ad un banchiere (Mr Merdle) che si suicida, non riuscendo più a reggere il mondo spietato e ipocrita che contribuisce a nutrire. Mr Dorrit muore senza vedere le conseguenze del suo fallimento, ma alla fine Clennam, aiutato dagli amici, esce di prigione e si rende conto di ricambiare l'amore di Amy. Si sposano e vivono felici.

Tutto ciò è condito da una quarantina di personaggi, com'è classico per Dickens, con capitoli che ne esplorano la vita e le peculiarità; figure grottesche e allegorie del sistema giuridico della Londra del tempo (come il Ministero delle Circonlocuzioni, che non è chiaro a nessuno cosa faccia: nemmeno ai dipendenti ).

Il vero problema del romanzo, a mio parere, è che Dickens si perde nelle metafore e nelle allusioni, dimenticando la crescita dei personaggi, che rimangono piatti e uguali a sé stessi. Amy è l'archetipo dell'angelo sceso in terra: nell'aspetto è letteralmente una bambina, e lo è anche di carattere. Ingenua, sottomessa, una Cenerentola Dickensiana che permette a chiunque di trattarla con sufficienza.

E non è solo buona, è anche intelligente e piena di risorse: riesce ad assicurare un futuro alla sorella come ballerina e aiuta il fratello, dipendente dal gioco d'azzardo. Si prende cura del padre, di cui è costretta (e noi con lei) ad ascoltare gli sproloqui su come lui sia un gentiluomo e tutti lo rispettano... nella prigione.

Quando, finalmente liberi, i Dorrit iniziano a fare la bella vita, rimproverano ad Amy le sue difficoltà nell'adattarsi ad un mondo che non conosce e di cui ha paura, dimenticando che la ragazza è nata e cresciuta alla Marchalsea. E Amy non solo sopporta, ma come agnello sacrificale si incolpa, e si castiga per non essere abbastanza forte.

Poi c'è il suo amore passivissimo per Clennam, che la vede come una bambina...fino a quando non cade anche lui in rovina, e la donna che amava è ormai sposata con un idiota.

Clennam, poi... Innamorato inizialmente della figlia dei Meagles (compagni di viaggio e amici), non solo non lotta per il suo amore, ma non si pone nemmeno nella condizione di essere amato. Nonostante il padre della ragazza mostri una forte propensione nei suoi confronti (e anche la ragazza ne ha simpatia) Clennam è apatico e passivo, in tutto ciò che fa.

Per buona parte del romanzo, tratta Amy come un animaletto da aiutare, ricalcando il classico tropo ottocentesco (solitamente distante da Dickens) per cui i poveri diventano uno strumento utile a mostrare la nobiltà d'animo dei ricchi, e la loro superiorità morale. La classica scena del ricco che si inginocchia nel fango, incurante dello sporco sulle scarpe di pelle, per soccorrere il poveretto assiderato... insomma, questo fa Clennam. E sì, non è propriamente ricco, ma il suo ruolo è chiaro: il salvatore della pura anima in difficoltà.

Lungi da me poter criticare un mostro di scrittura come Dickens, ma leggendolo ho avuto la seguente impressione: questo per lui è un romanzo importante, con elementi che rimandano non tanto alla propria vita (come Nicola Nickelby o Oliver Twist) quanto alla sua famiglia. La frustrazione e la rabbia dovuta ad una vita di soprusi lo ha spinto a parlare delle ingiustizie e della prigione, della burocrazia soffocante e di come la debolezza di un singolo individuo (in questo caso Mr Merdle) possa avere un impatto catastrofico su tantissimi altri.

La piccola Dorrit è un libro spaventosamente allegorico, e i personaggi mancano di spessore perché (strano a dirsi per un libro di Dickens) non sono importanti. Amy è giovane, ed è ingenua e sottomessa perché, di fronte alle leggi ingiuste e alla speculazione,non comprende e si confonde, fidandosi di chi sembra saperne di più. Clennam, più anziano, è apatico e disilluso perché, dopo l'ennesima ingiustizia, non vede più il senso di lottare. Tutti i personaggi, tranne Clennam e Amy, rappresentano una nuova autorità che vuol esser presa sul serio, per quanto grottesche e assurde. Anche chi subisce i soprusi, come Mr Dorrit, sale sul carrozzone della società che calpesta i deboli (sua figlia compresa) appena ha un minimo di voce.

E i due protagonisti non si ribellano, perché anche nell'allegoria Dickens è ESTREMAMENTE realista.

Alla fine Clennam e Amy scelgono una vita nell'ombra, lontana da tutti. Non è che hanno lottato e perso: non ci hanno manco provato, perché sanno che non avrebbero mai vinto. Si accontentano del loro affetto, e si defilano dal mondo, sperando che si scordi di loro.

Ok, ho iniziato questa recensione pensando che il libro non mi fosse piaciuto, ma ora, nel mio flusso di coscienza, ne vedo il senso. Alla luce di ciò che il mio inconscio ha capito prima di me devo ammettere che, seppur non mi abbia appassionato, il romanzo riesce dove molti falliscono. Non è possibile cambiare il sistema e il riscatto non è per tutti: ma si può essere felici, di nascosto, senza farsi vedere.

Un ringraziamento speciale a Vaporetto/Zingaro Penks (che va dicendo la buona ventura) per i bei momenti. E anche alla signora Merdle, conosciuta come "il seno".

“Amy e Arthur passarono per la strada felici e inseparabili, mentre dietro di loro, nella luce e nell'ombra, si alzava il solito strepito dei rumorosi, degli avidi, degli arroganti, dei vanitosi, di coloro che vivevano senza pace e in collera con loro stessi.”